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Tutte le donne di Allah
La personale di Shirin Neshat da Lucio Amelio a Napoli
di Maria Rosa Sossai
Ispirata dalla secolare cultura persiana, ricca di misticismo e di simbologia metafisica, ma attenta alla realtà politico rivoluzionaria dell'Iran di oggi e alla sua nuova identità, l'artista iraniano-americana Shirin Neshat rivolge lo sguardo al mondo femminile islamico nella serie fotografica "Donne di Allah" in mostra alla galleria Lucio Amelio di Napoli.
Vestite con il chador nero, queste donne hanno lo sguardo ispirato, il corpo modellato dalle pieghe pesanti degli abiti, le mani e il viso segnati da arabeschi e calligrammi in lingua sarfi scritti ad inchiostro con grafia minuta. La scelta del bianco e nero delle foto imprime ai ritratti una severità e una particolare chiarezza formale che sottolineano il rigore concettuale e ideologico dei testi scritti. Sono fotografie che non hanno valore di réportage, né la pretesa di documentare una realtà sociale ma che, come `tableaux vivants', mettono in scena un rituale simbolico, la radicale opposizione tra i concetti di purezza, bellezza e umanità incarnati dalla donna e la brutale aggressività della guerra e della violenza. Nella foto titolata `Fasciare' la selva di mani femminili disposte a corolla sostiene delicatamente una spada sino ad annullarne simbolicamente la forza distruttrice. L'ossimoro presente nel titolo della foto `Il silenzio ribelle' si rispecchia nell'espressione muta dell'artista il cui viso è attraversato dal ricamo dei calligrammi e dalla canna di un fucile che interrompe, come linea verticale di demarcazione, la maestosa fissità del suo sguardo. In altri ritratti l'uniformità e la gravità del bianco e nero vengono alleggerite da interventi di colore o dalla presenza di fondali dipinti che si riallacciano alla tradizione della ritrattistica popolare medio-orientale.
Per Shirin Neshat, artista nomade che divide la sua esperienza esistenziale e intellettuale tra gli Stati Uniti e l'Iran, dare corpo e identità al mondo femminile islamico significa mettere in comunicazione due culture lontane e apparentemente inconciliabili fra loro, cogliere, sotto la solenne staticità dei ritratti, il fluire silenzioso di un'aspirazione mistica che si fa scrittura e pensiero. Se la sua ricerca artistica rafforza il concetto di simbolico femminile, declinandone una delle molteplici identità e sollevando allo stesso tempo la questione dell'esistenza di più modelli di liberazione della donna, essa crea altresì una conflittualità che diventa terreno fecondo di riflessione e di confronto sui diversi modi di considerare la realtà, sui concetti di identità, di religione e di cultura.